In tema ambientale, un argomento sempre più dibattutto è quello dell’economia circolare: un modello che, se applicato da tutti i singoli cittadini e dalle imprese, porterebbe a un’economia più sostenibile e ad un ambiente più sano. Il tema è stato anche al centro dell’ultima edizione di Ecomondo, la principale fiera italiana sulle tecnologie per il settore ambientale.
In questo approfondimento proviamo a fare un po’ di chiarezza su questo concetto, descrivendone le origini, gli obiettivi e i benefici.
Cos’è l’economia circolare?
La definizione classica di economia circolare è quella di un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. Ma cosa significa “rigenerarsi da sola”?
Già dalla sua definizione di circolare si può pensare a qualcosa di ciclico, che si riproduce. E infatti la circular economy è un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali utilizzati in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi. In questo modello di economia l’utilizzo di materie prime vergini è nullo o comunque estremamente ridotto e tutte le materie utilizzate vengono riutilizzate in successivi processi, azzerando o limitando i rifiuti.
Una definizione più tecnica è presente in un documento della Ellen MacArthur Foundation in cui si legge: “In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. Insomma, i flussi biologici possono essere riciclati, mente quelli tecnici possono essere riutilizzati per altri processi, ma non riciclati.
Per sintetizzare si può affermare che il concetto di economia circolare è basato sulle tre “R”:
- ridurre (gli imballi dei prodotti, gli sprechi di materie prime, eccetera);
- riusare (allungando il ciclo di vita dei beni);
- riciclare (gli scarti non riutilizzabili).
Perchè è nata l’economia circolare?
L’economia circolare nasce dal fatto che il modello lineare della nostra economia ha ormai raggiunto i suoi limiti e si comincia a intravedere l’esaurimento di una parte delle risorse naturali e dei combustibili fossili che abbiamo a disposizione. La circular economy invece propone un nuovo modello di società basato sul principio di chiusura del ciclo di vita del prodotto, che utilizza efficientemente i fattori di produzione e ottimizza le scorte di materiali, dell’energia e dei rifiuti. Il processo deve quindi cambiare. Se prima era formato dalle fasi: creare, consumare e smaltire, ora dovrà diventare: creare, consumare e riciclare.
I 5 pilastri sui quali si fonda
Il modello economico circolare nasce per rispondere alle esigenze globali di sviluppo sostenibile e riesce a farlo utilizzando dei princìpi fondamentali che definiscono gli ambiti di azione in cui la circolarità può e deve essere perseguita.
Questi principi sono approcci che consentono all’azienda di creare valore per il cliente riducendo l’impatto ambientale.
I principi su cui si fonda sono:
- materiali sostenibili: l’utilizzo di materiali rinnovabili o da riuso/riciclo rappresenta un importante passo avanti per la riduzione dell’impatto ambientale;
- l’estensione della vita utile del prodotto: oggi i prodotti vengono spesso sostituiti invece che riparati perché in molti casi la riparazione appare complicata e non conveniente. In un contesto di economia circolare invece i prodotti possono essere progettati in maniera modulare, per rendere più agevole la riparazione. Questo principio può essere anche un incentivo per la creazione di nuove professionalità legate alla riparazione e alla manutenzione;
- sharing – piattaforme di condivisione: la condivisione di un bene tra più utilizzatori rappresenta un’opportunità di riduzione dei costi di accesso a tutta una serie di prodotti e servizi. Si pensi al car sharing urbano (Car2Go Enjoy, Share’ngo e Drive Now a Milano per esempio);
- product as a service – prodotto come servizio: la soluzione per cui un’azienda non vende il prodotto, ma vende il servizio corrispondente. Questa soluzione ha avuto una forte accelerazione grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali e rappresenta una rilevante opportunità di innovazione e di riduzione dell’impatto ambientale;
- end of life – fine vita: questo tema non si limita solo al riciclo di un bene, ma tocca anche altre soluzioni:
- upcycling: la trasformazione di un prodotto a fine vita, in modo che possa generare maggiore valore rispetto alla sua destinazione iniziale
- regenerating: la possibilità di rigenerare alcuni prodotti o beni, giunti a fine vita al fine della loro reimmissione sul mercato.

Schema dell’economia circolare
I benefici dell’economia circolare
L’adozione di modelli in linea con i principi dell’economia circolare è stata inserita tra le priorità strategiche dell’Unione Europea (come si legge in questo documento) in quanto rappresenta un’opportunità di crescita e sviluppo in termini di:
- competitività: la creazione di modelli di business meno legati all’utilizzo di materie prime consente di sviluppare una struttura di costi meno esposta al rischio di volatilità dei prezzi sia per dinamiche di mercato sia per interventi normativi;
- innovazione: il ripensamento dei modelli di business in un’ottica circolare rappresenta una forte spinta all’innovazione. Un fattore abilitante può essere anche la digitalizzazione che spinge le aziende a ripensare i processi aprendo così nuove opportunità in ogni ambito di business;
- ambiente: limitare l’impatto ambientale rappresenta un importante contributo per la riduzione sia dei rifiuti marini e terrestri sia dell’inquinamento atmosferico e, inoltre, contribuisce a contenere il surriscaldamento globale;
- occupazione: la riduzione della quantità di materie prime utilizzate e la crescita di servizi a valore aggiunto dovrebbero comportare uno spostamento della struttura dei costi dalle materie prime al lavoro, cioè da settori più automatizzati a settori prevalentemente legati al lavoro umano con conseguente crescita dell’impatto occupazionale.
Perchè passare da un economia lineare a una circolare?
Il passaggio dall’economia lineare a quella circolare sembra essere inevitabile per almeno tre ragioni:
- a causa della scarsità di risorse naturali ed energetiche e di norme ambientali sempre più stringenti, sembra probabile che gli investimenti in attività circolari saranno sistematicamente premiati rispetto a quelli lineari;
- grazie alle attuali tecnologie informatiche è possibile sia reperire materiali in qualsiasi punto della catena di gestione della distribuzione (supply chain) che identificare lo stato e i componenti di un prodotto durante la fase d’uso;
- il nuovo modello di consumo privilegia l’uso dei prodotti anziché il possesso.
Economia circolare come business
Con il passare degli anni ci si è resi conto che il sistema economico usato per secoli (il modello lineare) è sempre più inefficiente e costoso per il pianeta, i cittadini e le imprese. Proprio per questo i principi dell’economia circolare stanno conquistando soprattutto le aziende. L’obiettivo è il raggiungimento della cosiddetta “maturità circolare” nei processi per poi coinvolgere tutti i propri stakeholder (istituzioni, associazioni, enti, clienti, fornitori), al fine di creare un ecosistema favorevole alla sua applicazione e all’ampliamento del campo di azione.
Quindi per un’impresa adottare il modello dell’economia circolare vuol dire abbandonare il concetto di rifiuto e progettare il prodotto come bene di consumo che quando non sarà più utile potrà essere nelle sue componenti parte di altri cicli economici. Come conseguenza l’economia circolare introduce profondi cambiamenti nella relazione tra produttori e consumatori. Le imprese saranno parte di sistemi sempre più interdipendenti, dove si svilupperanno nuove visioni relative al concetto di proprietà (le tecnologie potranno essere affittate dal produttore all’utilizzatore e non più solo vendute). I prezzi dei prodotti/servizi dovranno essere congrui, per incoraggiare il consumo razionale e l’energia per crearli dovrà provenire da fonti rinnovabili, come tutto ciò che la natura crea.
I profitti dell’economia circolare
Se prima si è parlato dei benefici dell’economia circolare, ora è doveroso accennare anche ai profitti che questo tipo di economia potrebbe portare agli stati che la adotteranno. Uno studio della Ellen McArthur Foundation rivela infatti che, in Europa, l’economia circolare può:
- generare un beneficio economico da 1.800 miliardi di euro entro il 2030;
- dare una spinta al Pil (il prodotto interno lordo) del 7%;
- creare nuovi posti di lavoro;
- incrementare del 3% la produttività annua delle risorse.
A che punto siamo?
Come abbiamo visto i propositi dell’economia circolare sono sicuramente molto validi e dovrebbero essere attuati quanto prima possibile da tutti gli stati, ma il problema è che questo obiettivo è ancora tremendamente lontano dal dirsi raggiunto.
Secondo il documento The circularity gap report presentato al World economy forum a Davos infatti, delle 92,8 gigatonnellate delle risorse che alimentano oggi l’economia mondiale, appena 8,4 derivano da processi di riciclo, mentre le restanti 84,4 sono risorse vergini. Quindi solo il 9,1% della nostra economia può dirsi circolare, mentre il rimanente 90,9% dei nostri processi fa ancora fede all’economia lineare.
Insomma, purtroppo c’è ancora tanta strada da fare. Ma se tutti ci impegneremo nel nostro piccolo a fare la nostra parte, l’obiettivo di rendere l’economia circolare realtà non sarà più così tanto irraggiungibile.
1 commento
Sono entusiasta di potermi cimentare in un attivita’imprenditoriale dove l’economia circolare ,permetta ,con opportuni processi naturali,di ridare valore a rifiuti e quindi ,generare occupazione e benessere….