L’Europarlamento ha deciso che dal 2035 non sarà più consentita la vendita di tutti i veicoli alimentati a diesel o benzina. Come vi avevamo già accennato in questo articolo infatti, la proposta fa parte del pacchetto di misure “Fitfor55“.
Cos’è Fitfor55?
«È un progetto dell’Unione europea per garantire un futuro più verde e un minore tasso di inquinamento» spiega un documento di Bruxelles; prende il nome dal traguardo fissato per il 2030: il taglio del 55% di tutte le emissioni inquinanti. Tale obiettivo dovrà essere raggiunto attraverso più percorsi. Oltre allo stop a diesel e benzina, si è pensato a un meccanismo denominato «Carbon border adjustment mechanism» che consiste in un sistema per fissare il costo del carbonio che viene impiegato per importare alcuni materiali. L’altra leva su cui “Fitfor55” confida è una crescita dell’energia prodotta da rinnovabili del 40% sempre entro la fine del decennio.
Il pacchetto entrerà subito in vigore?
No, perché una volta approvato definitivamente, il provvedimento diverrà oggetto di un’ulteriore fase negoziale a cui parteciperanno anche i governi dei singoli Paesi.
La situazione in Italia
Per dare spazio esclusivamente ai motori elettrici o a idrogeno nel nostro Paese, vi sono due scogli da superare:
- la situazione italiana sulla decarbonizzazione dei trasporti;
- i 60 mila posti di lavoro a rischio nel settore della componentistica del motore endotermico.
Per far fronte al primo problema, oltre all’aiuto dato dal PNRR, il Ministero della Transizione Ecologica ha precisato in una nota che:
Occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di “neutralità tecnologica”. Valorizzando, non solo l’elettrico, ma anche le potenzialità dell’idrogeno e riconoscendo il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l’Italia sta costruendo una filiera domestica all’avanguardia.”
La nota completa è consultabile a questo link.
Riguardo al secondo scoglio da superare, l’Associazione della filiera dell’industria automobilistica stima che saranno 60 mila i posti a rischio del settore entro il 2035; mentre non esistono stime sui posti che potrebbero essere creati nell’automotive di nuova generazione. Proprio per questo, sia Confindustria sia le associazioni d’impresa, hanno preso posizione per chiedere tempi più lunghi per la gestione della transizione.